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CONGRESSO AISLEC, SI GUARDA AL FUTURO

Bilancio (assai positivo) e spunti di lavoro dalla tre giorni di Padova

“È stato un congresso emozionante, impegnativo, partecipato, denso di novità cliniche e di spunti per il lavoro che porteremo avanti nel prossimo futuro”: il bilancio “a freddo” della Presidente AISLeC Laura Stefanon sul XIII Congresso Nazionale associativo terminato il 19 ottobre a Padova è estremamente positivo. E non solo per le 2.550 presenze registrate nella tre giorni di lavori, ma per la ricchezza di novità cliniche presentate, per “il grande contributo in termini di Comunicazioni e Poster” sottolineato a più riprese dal Tesoriere AISLeC e Coordinatore del Comitato Scientifico e Organizzativo del Congresso Battistino Paggi e, soprattutto, per le indicazioni di lavoro prossimo venturo.

Tanti gli spunti emersi a Padova: “Innanzitutto l’esigenza di attenzionare il fenomeno delle lesioni cutanee attraverso dati che ne dimensionino le proporzioni a livello nazionale, regionale e locale, mettendoli a sistema attraverso un processo di rete di documentazione e informatizzazione – commenta Stefanon – E poi, l’esigenza di integrarsi con le industrie, portatrici di tecnologie e in grado di costituire partnership importanti, se gestite nel modo corretto. Ancora, la necessità di approfondire la tematica del piede diabetico, protagonista di ben quattro sessioni che hanno avuto un’affluenza enorme, così come alcuni argomenti topici – il biofilm, le lesioni neoplastiche, l’osteomielite, il ruolo dei caregiver – con cui ci troviamo ad avere a che fare, a volte senza avere le competenze avanzate oggi disponibili”.

Altri temi che hanno riscosso grande interesse, con platee gremite e fuochi di fila di domande, “l’ infettivologia applicata al wound care, che attraverso casi clinici e curiosità ha chiarito parecchi dubbi di pratica clinica – prosegue la Presidente AISLeC – E ancora, i laboratori interattivi, dove i partecipanti si sono messi in gioco verificando le proprie competenze con domande dirette; la sessione sulle protesi; tutte le sessioni riguardanti il coinvolgimento del paziente attraverso la comunicazione e la documentazione rivolte alla persona in cura; la sessione sulla comunicazione e quella sulla documentazione nei suoi aspetti giuridici”. Ma non solo. Perché Stefanon ricorda anche “la sessione dove si è registrata la presenza di nove diverse società scientifiche infermieristiche e di FNOPI (Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche), esempio importante di collaborazione tra competenze diverse a vantaggio sia del paziente che del professionista, e  l’esperienza dell’ASL 3 di Genova, un’isola felice che noi portiamo come esempio virtuoso di rete con una propria modalità organizzativa e ricadute assai positive sul territorio”.

Insiste, la Presidente AISLeC, sull’aspetto emerso a più riprese durante i lavori del “fare processo. Che significa lavorare insieme nell’interdisciplinarità: con questo intendo fare davvero sistema, ovvero non limitarsi a offrire il proprio punto di vista e fermarsi, ma mettere i rispettivi saperi a disposizione, ovviamente nel rispetto delle competenze, senza reticenze o protagonismi”.

E quello del “fare sistema” è stato un punto battuto da molti dei relatori intervenuti al Congresso, a partire da Maurizio Zega, Consigliere Comitato Centrale FNOPI e Presidente OPI Roma, che a sua volta ha lanciato diversi spunti di lavoro già in agenda per futuri sviluppi da parte di AISLeC: “Siamo una categoria priva di forza lobbistica, e fatichiamo a far fronte alle esigenze della popolazione – ha detto durante i lavori – In più, quello che oggi è uno tsunami demografico, tra 50 anni sarà diventato uno tsunami epidemiologico. Per questo la recentissima attivazione dei Corsi Magistrali a indirizzo clinico per la professione infermieristica segna un passaggio epocale. Noi curiamo la persona, non soltanto la lesione cutanea. Il paziente è al centro del nostro lavoro, occorre lavorare anche sul concetto di prescrizione: a chi spetta prescrivere un materasso antidecubito a un malato, se non all’infermiere che cura le sue lesioni?”. Con lui Luigi Pais Dei Mori, Presidente OPI Belluno e Consigliere nazionale FNOPI, che ha insistito in particolare sulla necessità della documentazione, presentando attraverso lo Studio AIDOMUS-IT un’accurata mappatura del territorio rispetto alle lesioni cutanee dal punto di vista infermieristico: “Quando si va da un politico a chiedere, servono dati per poter dimostrare che l’intervento richiesto è ‘economico’” ha detto. Ancora: “Come categoria abbiamo un problema di de e iper-mansionamento. Ma a monte c’è una questione di governance: siamo gente che gestisce processi, non che fa cose. Capito questo, avremo fatto un grosso passo avanti”.

Sulla necessità di raccogliere dati e numeri sul wound care hanno insistito un po’ tutti, soprattutto nel corso della Tavola Rotonda che ha costituito il momento più “politico” del Congresso: da Giorgio Simon, già Direttore Generale Azienda Sanitaria, Direttore Progetto Spilimbergo (“Occorre ripensare alcuni aspetti della professione: servono dati, serve lavorare sul rapporto con le ASL, dove la figura del Direttore Generale com’è concepita, oggi non è più al passo coi tempi”) a Lorena Martini, Direttore Formazione ECM Agenas (“Il DM 77, con la sua definizione di standard, spinge già la professione infermieristica al cambiamento”), da Tonino Aceti, Presidente Salutequità (“Ciò che non si misura non esiste. Occorre introdurre un Indicatore sulle lesioni cutanee nel Piano Nazionale Esiti. Servono PDTA e Reti Cliniche in grado di mettere a sistema tutte le parti interessate al mondo del wound care” alla stessa Stefanon, che ha sottolineato a più riprese l’esigenza di “attenzionare il fenomeno delle lesioni cutanee attraverso dati di sistema che restituiscano le reali dimensioni del problema. Sempre, naturalmente, con il paziente al centro”. Per poi promettere, in conclusione: “Raccoglieremo gli spunti emersi dai lavori. Come AISLeC ci impegniamo fin d’ora a strutturare il canovaccio del cambiamento”.

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